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Le bambole biscuit

Tempo di lettura: 4 minuti
L’aspetto esteriore delle bambole biscuit risentiva del mutamento estetico e del modificarsi dello stesso modello femminile; tutto ciò in conformità con l’evoluzione della società ottocentesca. Ebbe grande importanza in questi cambiamenti formali e costruttivi anche il ruolo didattico attribuito alle bambole dal mondo adulto: questi oggetti erano proposti sovente come “doppio” ideale al quale il bambino doveva guardare, spesso obbligato a una crescita veloce in un’infanzia vincolata dalle ferree discipline borghesi. Possiamo identificare tre tipologie determinanti tra le bambole prodotte durante tutto l’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento, tipologie che torneranno metodicamente anche nei tempi moderni a sottolineare che nulla di nuovo è stato inventato.

Bambole biscuit manichino

La prima, quella definita oggi “bambola manichino“, raffigurava l’immagine di una donna adulta, con le caratteristiche estetiche idealizzate secondo modelli di bellezza prettamente ottocenteschi. Il colorito del volto delle bambole biscuit era assai pallido, illuminato dai profondi occhi in vetro blu e da tocchi di rosa acceso sulle guance. Queste teste, generalmente dall’ovale perfetto e tendenti al paffuto, erano montate su spalle sempre di biscuit, destinate ad apparire dal décolleté, mentre il corpo sottostante veniva curato più dal punto di vista costruttivo che da quello prettamente anatomico. Venivano evidenziati soltanto gli attributi femminili più evidenti, specialmente in funzione delle precise direttive indicate dalla moda del momento; busto florido, vita sottilissima, fianchi robusti. Su tali corpi ben si adattavano i complessi guardaroba in miniatura, fedele copia del vero. Le bambole manichino uscirono dalle manifatture parigine tra il 1850 e il 1880/90. Le più celebri erano Huret, Rohmer, Barrois, Blampoix, talmente ricercate nella tecnica costruttiva e nel ricco corredo da costituire ancora oggi validi documenti di storia del costume.

Bambola Bébé

Il brevetto nel 1857 da parte della ditta tedesca Motschmann per un “Bébé” derivato da modelli giapponesi, articolato, realizzato in cartapesta ricoperta di cera e telina imbottita, sancisce il successo di una nuova tipologia di bambola, battezzata dai francesi appunto “bébé“, per distinguerla dalle suddette “poupées”, termine usato per indicare fattezze adulte. Questo secondo tipo rappresentava un bambino o bambina, il sesso era definito solo dal colore e dalla foggia vestimentaria, dall’età individuale tra i sei-otto anni. La differenza visiva maggiore veniva data dai mutati rapporti proporzionali tra testa e corpo; nella bambola manichino la testa era riportabile sette volte circa all’altezza del corpo; nel bébé cinque volte. Anche in questo caso i bébés più belli e affascinanti uscirono da prestigiose ditte francesi cordiamo Jumeau, Steiner, Bru, Gaultier -, conquistando una fama mondiale e diventando verso il 1880/90 una notevole fonte di ricchezza per il paese. Resi sempre più perfetti da continue migliorie e brevetti per farli dormire, mangiare, bere, parlare, piangere e camminare, abbigliati con lusso e ricchezza di accessori, venivano propagandati ed esportati ovunque. Costruttivamente erano composti da una testa in biscuit tagliata sulla nuca con inseriti occhi di vetro, avevano bocca chiusa o aperta, a seconda dell’epoca di produzione, orecchie forate per gli orecchini e morbide parrucche di mohair, mongolia o capelli veri. Queste teste, con il tipico collo a uovo per permettere il movimento in tutte le direzioni, potevano essere montate su corpi di varia fattura, sempre in relazione al modello e alla ditta produttrice. I più noti erano i corpi articolati costruiti con legno e cartapesta, a elementi separati e trattenuti insieme da elastici, molle e corde.

Bébé caractère

La terza grande rivoluzione formale legata all’evolversi della bambola, ormai diventata sicuro fatto industriale e commerciale, si manifestò verso la fine del XIX secolo e gli inizi del XX, trovando terreno particolarmente fertile in Germania, attenta concorrente della Francia nella contesa supremazia per il mercato della bambola. Il nuovo nato venne battezzato ancora alla francese: “bébé caractère“, per meglio definire le prerogative di tale pupa, tutte concentrate nella raffigurazione di neonati o di bambini di pochi mesi, le cui curiose espressioni di pianto, riso, capriccio o altro, venivano direttamente ispirate dalla realtà. Questo grande interesse per il vero andava accentuandosi con l’inizio del nuovo secolo, in conformità alle nuove esigenze rivolte a valorizzare concetti di modernità decisamente contrastanti con i rigidi comportamenti ottocenteschi. I “bébé caractère” ebbero vasto successo anche a scapito delle preesistenti bambole, per quanto belle fossero, sollecitando teneri istinti materni. La loro struttura costruttiva era abbastanza semplice: testa di biscuit fortemente caratterizzata con occhi di vetro o dipinti, parrucca o capelli modellati, corpo tipicamente infantile, grassottello e con gli arti incurvati nelle tipiche posizioni dei bambini. Tale corpo veniva realizzato in cartapesta o in un miscuglio di gesso, colla, segatura e cartapesta facilmente lavorabile in stampi, detto “composizione”. L’articolazione era data sempre dall’impiego di elastici e molle metalliche posti all’interno.

La bambola: essenza ludica

Nelle classi più povere, dove il giocattolo di lusso finora descritto restava solo un miraggio, la bambola veniva, da sempre, “evocata” simbolicamente, attraverso la sua intima essenza ludica. Come nel passato più antico, l’impiego di qualsiasi materiale proposto dal vivere quotidiano poteva trasformarsi in balocco. Così, un pezzo di legno sfuggito al camino, una vecchia scarpa, un cencio imbottito di paglia, e tutto ciò che il mondo rurale poteva offrire alla fantasia, si trasformava, con l’aiuto di una semplice vestina e di un po’ di colore, nell’oggetto da coccolare. La tradizione contadina che con l’impiego di una pezza e alcuni sapienti nodi sa costruire una bella pupattola in pochi minuti, ci fa intuire l’importanza assoluta di questo balocco, la cui presenza è “pretesa” in ogni epoca e categoria sociale.
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