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Bambole di porcellana

Tempo di lettura: 2 minuti

Questo duttile materiale, già largamente impiegato dalle storiche fabbriche europee Limbach, Meissen, Limoges, per oggetti d’uso domestico, trovò dal 1840 in poi un nuovo utilizzo nella produzione di teste di bambole di porcellana.

Bambole di porcellana, prodotte nell’800

La grande reperibilità di caolino, sostanza base per l’impasto ceramico, estratto prevalentemente nell’Europa centrale, l’ottimo effetto finale, unitamente alla relativa resistenza, alla caratteristica lavabilità, alla speditezza della lavorazione in processi industriali, determinarono il successo incontrastato della porcellana anche nel settore del balocco.
La testa continuava a essere la parte determinante nella costruzione della bambola, quella che concentrava fascino e attrattiva.
Venivano realizzate teste in porcellana vetrinata, dette anche “lucide”, oppure satinate, dall’apparenza opaca, dette “biscuit”.
In quelle più antiche, prodotte verso la metà del secolo e fino agli anni 70/80 dell’Ottocento, la lavorazione procedeva attraverso la pressione in stampi della sfoglia di porcellana, stampi sempre suddivisi in due parti: anteriore e posteriore.
Analogamente alle pupe di legno, cera e cartapesta, anche queste avevano testa e spalle realizzate in un solo pezzo; l’articolazione al collo per bambole con testa in biscuit venne brevettata nel 1858 da Léontine Rohmer, a Parigi.
Queste teste continuavano la tipologia preesistente definita da lineamenti dipinti e acconciature modellate. Grazie alla lavorabilità della porcellana era possibile raggiungere effetti di grande raffinatezza nei particolari delle acconciature e nella decorazione del volto.
La finitura con uno strato di vernice lucida steso prima della cottura dava quella lucentezza che ancora oggi caratterizza quelle teste, differenziandole nettamente da quelle in biscuit.

Bambole in Biscuit

L’impressione di grande realismo che il biscuit permetteva fece sì che sempre più teste di bambola venissero fabbricate con tale materiale.
L’aspetto traslucido ben imitava l’incarnato umano, specialmente se dipinto con la maestria insuperata degli artigiani di allora. A questo venivano aggiunti splendidi occhi di vetro soffiato, parrucche di mohair o capelli veri per completare l’immagine ricercata di grande realismo.
Per tutta la seconda metà dell’Ottocento e fino agli anni Trenta del Novecento le pupe a testa in biscuit soppiantarono decisamente le altre. Il loro fascino era dovuto ai continui miglioramenti tecnici nelle fasi di lavorazione, e soprattutto alla bravura degli scultori destinati a produrre sempre nuovi modelli e fisionomie.
Il termine “biscuit” nasceva dalle prerogative di tale materiale. Dopo la consueta pressione in stampi, unite le due parti della testa, essiccata, passata in forno per una prima cottura con una riduzione di volume di circa un terzo, si procedeva alla decorazione; incarnato, ciglia, sopracciglia, bocca e altri dettagli a seconda della qualità richiesta dalla ditta produttrice. La testa così preparata veniva appunto cotta due volte, e da ciò derivò il nome tipico.

Colatura di porcellana

Verso il 1890 erano già prodotte molte teste che seguivano il processo di lavorazione attraverso la colatura di porcellana fluida negli stampi, anziché il metodo a pressione, semplificando così una delle più importanti fasi di fabbricazione. Le teste di biscuit furono prodotte principalmente in Germania e in Francia, raggiungendo livelli qualitativi elevatissimi. Montate su corpi in legno, cartapesta, composizione, oppure in pelle imbottiti, erano collegate a questi tramite elastici, corde, molle e tiranti.
Inizialmente intere, durante la seconda metà dell’Ottocento le teste vennero fabbricate tagliate diagonalmente sulla nuca, questo per favorire l’applicazione degli occhi di vetro, di meccanismi atti a farli muovere, per risparmiare sul materiale e sul peso ai fini delle tasse d’esportazione. Questo foro era chiuso con una calotta di cartapesta o sughero,
sulla quale successivamente si fissava la parrucca. Sul retro, tra la nuca e il collo, veniva impresso il marchio di fabbrica con relativi numeri di riferimento alla taglia e al modello.

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